Vissuto nelle vaste praterie del Nord America circa 75 milioni di anni fa, precisamente nel Cretaceo superiore, il Parasaurolophus è un dinosauro, ovviamente estinto, dotato della caratteristica abilità di saper camminare sia su due zampe che su quattro.
Munito di lunga cresta tubolare e di muso a becco d’anatra, questo genere di dinosauro possedeva lunghi condotti nasali che probabilmente utilizzava per emettere potenti suoni, utili a comunicare con i propri simili nella fitta vegetazione delle foreste primordiali.
Splendide ricostruzioni del suo scheletro fossile si possono ammirare a Chicago, presso il Field Museum, il museo di scienze naturali noto in tutto il mondo per la straordinaria collezione di cui dispone, costituita da ben 21 milioni di esemplari, umani ed animali.
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Le incredibili scoperte di Park e Sternberg
Correva l’anno 1920 quando l’Università di Toronto, già da tempo alla ricerca dei fossili riconducibili agli enormi rettili che popolavano il mondo primordiale, decideva di organizzare una campagna di scavo nel Canada occidentale, nei pressi delle Montagne Rocciose ai confini con gli Stati Uniti.
Qui, precisamente nella località denominata Sand Creek, sulle sponde del fiume Red Deer, il ricercatore William Park rinvenne lo scheletro, purtroppo incompleto, di un grosso ornitopodo dotato di un caratteristico cranio crestato. Sebbene lo scheletro mancasse di buona parte della coda e della parte inferiore delle zampe, risultò comunque indispensabile per definire una nuova specie di dinosauro fino ad allora sconosciuta.
Il nuovo esemplare fu chiamato Parasaurolophus, cioè letteralmente “vicino alla lucertola crestata“, con chiaro riferimento al Saurolophus, dinosauro dall’aspetto piuttosto simile già noto ai paleontologi. L’anno successivo, nel 1921, il ricercatore Charles H. Sternberg scoprì, nei territori del New Mexico, ulteriori resti fossili, in particolare un cranio di Parasaurolophus, che consentì di distinguere una seconda specie, più grande e massiccia, dello stesse genere di dinosauro, che fu chiamata Parasaurolophus Tubicen.
Oggi, i ritrovamenti successivi e i lunghi studi di settore, consentono di stabilire che il genere Parasaurolophus si divide sostanzialmente in tre specie, definite Walkeri, Tubicen e Cyrtocristatus, ognuna delle quali presenta propri caratteri peculiari, ma che sono comunque riconducibili ai lambeosaurini, sottofamiglia degli hadrosauridi.
Il particolare aspetto del dinosauro Parasaurolophus
I resti degli scheletri fossili, ritrovati soprattutto in Canada agli inizi del Novecento, hanno permesso di ricostruire la caratteristica anatomia del Parasaurolophus. Riguardo le dimensioni, inizialmente ipotetiche poiché calcolate sulla scorta di scheletri incompleti, si è stimato che questo dinosauro arrivasse a pesare circa 2,5 tonnellate per una lunghezza di poco meno di 10 metri. Il cranio, che già nella prima spedizione del 1920 è stato ritrovato integro (esemplare tuttora conservato presso il Field Museum di Chicago), ha lunghezza media di 1,6 metri, ma negli esemplari più grossi poteva tranquillamente raggiungere i due metri.
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0144036, CC BY 2.5,
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Tipica delle specie in esame è la caratteristica di avere zampe anteriori più corte e, da un punto di vista della muscolatura, meno sviluppate delle posteriori; queste ultime, che raggiungevano i due metri di lunghezza, erano robuste e agili, dotate di struttura muscolare massiccia e scattante, tanto da permettere al Parasaurolophus di correre su due zampe qualora avesse avuto bisogno di maggiore velocità.
L’elemento più interessante dello scheletro fossile è la testa: la cresta che inizialmente si riteneva partisse dalla nuca del dinosauro, in realtà non è che il prolungamento dei condotti nasali. Dagli studi svolti sui crani fossili, si è appurato che la cresta cresceva con il dinosauro e, pertanto, gli esemplari giovani non erano dotati di sporgenze così evidenti, bensì di piccole protuberanze arrotondate.
La coda, molto robusta, lunga e dalla forma appiattita, ha lasciato ipotizzare che il Parasaurolophus se ne servisse per nuotare sebbene diverse teorie escludano la possibilità che questo dinosauro potesse essere anfibio. Del resto la tipologia degli alimenti fossili ritrovati nel suo stomaco, consistenti in semi, foglie e aghi di conifere, lascia intendere che si tratti di un esemplare esclusivamente terrestre.
Il Parasaurolophus: il gigante buono che mangiava erba
Il Parasaurolophus rientra nel novero dei grandi erbivori terrestri, con la particolare capacità di variare il suo assetto da bipede a quadrupede in base alle necessità. Questa particolarità non solo permetteva al dinosauro di scappare più rapidamente in caso di attacco di eventuali predatori, ma anche di accedere ad un numero maggiore di varietà vegetali.
Alzandosi sulle due zampe posteriori, infatti, il Parasaurolophus era in grado di raggiungere le foglie degli alberi ad un’altezza di quattro metri dal suolo e, aumentando i “viveri” a disposizione, vedeva aumentare anche le proprie possibilità di sopravvivenza in caso di concorrenza con altri animali con i quali condivideva territorio e alimentazione.
La sua bocca, simile al becco di un’anatra ma munito di centinaia di denti che cambiava non appena si usuravano, gli consentiva di tagliare il fogliame e spingerlo in uno spazio laterale simile alle nostre guance, dove veniva ridotto in piccoli pezzi e quindi ingoiato.
Dall’indole pacifica e tranquilla, il Parasaurolophus amava trascorrere il suo tempo al pascolo, intento a mangiare le enormi quantità di cibo necessario ad assicurargli la sopravvivenza. Chino sulle quattro zampe, questo mansueto dinosauro si aggirava nelle immense praterie nordamericane alla ricerca foglie che, in casi eccezionali, poteva raggiungere anche alla considerevole altezza di quattro metri, alzandosi sulle sole zampe posteriori.
La postura da bipede era indispensabile, invece, quando occorreva sfuggire agli infidi predatori suoi contemporanei, come il T-rex, con uno scatto da podista e lunghe corse che solo le robuste zampe posteriori erano in grado di assicurargli.
La cresta: il segno distintivo del Parasaurolophus
L’elemento più interessante del Parasaurolophus, in base a quanto emerso dallo studio dello scheletro fossile, è la testa con la sua lunga cresta. Questa evidente protuberanza, che inizialmente si riteneva partisse dalla nuca del dinosauro, in realtà non era che il prolungamento dei condotti nasali.
Innumerevoli le teorie circa la sua utilità: se alcune ipotesi la schedavano come una sorta di boccaglio, necessario a garantire la respirazione sott’acqua, altre lo hanno identificato con un corno da impiegare negli scontri con i propri simili; altre ancora lo hanno bollato come mero meccanismo di regolazione della temperatura corporea.
Una teoria particolarmente suggestive attribuisce alla cresta la funzione di gancio osseo. Ad esso doveva collegarsi una proboscide carnosa che doveva consentire al dinosauro di respirare normalmente mentre era intento a brucare l’erbetta cresciuta sui fondali dei corsi d’acqua. Questa ipotesi, però, è stata facilmente screditata nel momento in cui si è verificato che non esisteva alcun foro per l’ingresso dell’aria sull’estremità della cresta stessa.
Analogamente non sono state rinvenute cicatrici muscolari che denunciassero la presenza di una proboscide, da ritenersi tra l’altro superflua per un animale già provvisto di un becco, né è stata avvalorata alcuna prova che accreditasse la sua funzione di camera di compensazione.
La cresta cava, nonostante le discrete dimensioni, non avrebbe potuto fungere da riserva d’aria per un animale così grosso, né servire da arma di difesa, poiché non sufficientemente robusta. Smontate una dopo l’altra tutte queste fantasiose ipotesi, si è presa in considerazione l’idea che la cresta cava potesse avere funzione di cassa di risonanza per l’emissione di suoni a bassa frequenza.
Questa teoria, in particolare, è balenata allo studioso Wilman dopo aver osservato la somiglianza dei condotti nasali del Parasaurolophus con la struttura interna dei cigni. I tipici versi così prodotti dovevano servire al Parasaurolophus per comunicare con i propri simili o con i membri del gruppo di appartenenza.
La ricostruzione di un cranio di un esemplare di Parasaurolophus Tubicen ha consentito di riproporre i suoni che questi dinosauri erano in grado di emettere, dimostrando che lo spettro della frequenza riproducibile dalla cresta raggiungeva un livello minimo di 30 Hz. Considerato che è ampiamente assodato che i lambeosaurini avessero un udito a dir poco eccezionale, non è da escludersi che tonalità così basse venissero utilizzate per comunicare in situazioni di pericolo, mediante frequenze che essi potevano sentire ma che non fossero percepibili da altri animali e dai predatori.
Un’ulteriore teoria, che ha retto ai vari giudizi susseguitesi nel tempo, è forse la più semplice, che cioè la cresta fosse un semplice elemento di distinzione sessuale. L’unica cosa certa è che all’interno della cresta, cava, corressero i prolungamenti delle narici, motivo per il quale è ragionevole supporre che il Parasaurolophus avesse, oltre ad un ottimo udito e ad una vista acuta, anche un eccellente olfatto.