Lariosauro o Lariosaurus Dinosauro Marino / Acquatico

Il Lariosaro, noto con il nome scientifico di Lariosaurus, è un rettile acquatico ormai estinto secondo la scienza anche se le leggende sulla sua esistenza e gli avvistamenti creano dubbi sulla veridicità di questo fatto. Si tratta di un rettile acquatico che appartiene alla famiglia dei notosauri ed è vissuto nell’era del Triassico medio, ovvero circa 250 – 235 milioni di anni fa. I ritrovamenti di questo dinosauro acquatico sono stati effettuati in diverse zone sia in Europa tra cui Italia (in particolare sul Lago di Como), Svizzera, Spagna e Francia; e in Asia: Israele e Cina.

Il Lariosaurus è un rettile acquatico, un vero predatore carnivoro che fece la sua comparsa sul pianeta prima dei Dinosauri terrestri. Durante il Triassico c’era un grande mare tropicale, soprattutto la zona intorno a Lierna era lagunosa e in questi ambienti sguazzava rettile preistorico.

Qual è l’aspetto fisico del Lariosaurus?

Analizzando tutti i fossili ritrovati dai paleontologi si è potuto ricostruire l’aspetto fisico di questo animale preistorico che ha dato fondo ha miti e leggende ricordando per alcuni aspetti il Mostro di Lockness. Il Lariosauro, nome che viene dagli avvistamenti sul Lario (Lago di Como), aveva dimensioni ridotte di cui la lunghezza fu identificata in 1 metro. La struttura fisica è fatta in modo da avere una buona capacità di movimento grazie alla forma idrodinamica con un corpo allungato e snello. Il collo lungo era di supporto alla testa di forma triangolare e la bocca caratterizzata da due file di denti affilati.

Le zampe erano corte come si può dedurre dai fossili rinvenuti, la massa muscolare era ben sviluppata. Quelle anteriori erano pinnate per consentirgli di nuotare velocemente. Non c’è certezza sul colore della sua pelle in quanto non si può vedere questo dettaglio dai fossili ma, molto probabilmente, era di una tonalità grigia. Sul ventre era più chiara mentre sulla schiena si presentava con un colore grigio scuro o quasi verdastro. Si trattava di un predatore e il suo colore ben si adattava alle acque marine e lacustri in modo da non essere visibile alle prede confondendosi con l’ambiente senza essere visto sia dall’alto che dal basso.

Data la conformazione fisica si pensa che il Lariosaurus non si allontanasse mai dall’acqua o comunque di poco e per breve tempo. Una volta giunto sul terreno, fuori dall’acqua, si muoveva con fatica e goffaggine e ricordava le otarie come le possiamo vedere oggi. Anch’esse infatti quando escono dall’acqua si muovono in modo buffo e goffo perché le pinne non sono fatte per la terra ferma, in acqua invece sono veloci come saette. Lo stesso vale per i Lariosauri che nel loro Habitat naturale erano come frecce di un arco ma fuori si muovevano poco e con grande difficoltà.

Dove è stato scoperto il Lariosaurus?

Dal nome di questo dinosauro acquatico si capisce già quale sia il luogo di provenienza principale, infatti il primo ritrovamento fu effettuato nel 1830 nella zona lariana che si trova nelle vicinanze di Varenna. A descrivere questo particolare animale preistorico fu lo zoologo Giuseppe Balsamo Crivelli che ne evidenzio le particolarità. Circa 100 anni dopo ci fu una nuova scoperta e a farla questa volta fu un giovane di nome Giacomo Scanagatta che trovo i resti di un Lariosaurus balsami.

L’esemplare era, purtroppo, privo della testa e di una parte del collo, si trattava di un dinosauro acquatico giovane, le sue dimensioni erano pari a 29 cm di lunghezza dello scheletro. Da quello che era rimasto si dedusse che la dimensione totale del Lariosauro dovessero arrivare a 45 cm circa. Il reperto si trovava all’interno di un blocco di pietra aprendolo la maggior parte del fossile rimase su una sola delle due superfici mentre sull’altra rimase ben chiara l’impronta dell’animale. Entrambe le parti hanno fornito importanti elementi per ricostruire la forma fisica del dinosauro del Lario e sono state studiate, analizzate e conservate perfettamente per consentire a scienziati e gente comune di poterle osservare.

La parte più importante in termini di dimensione, è aderente a una delle due lastre di pietra, qui si nota il dorso del dinosauro acquatico mentre dall’impronta si possono rilevare alcune ossa rimaste attaccate, quelle delle zampe e del torace. Attualmente i reperti rinvenuti sono conservati nel Musel di Storia Naturale di Lecco che si trova presso il Palazzo Belgioioso e dal 2005 è possibile, per il pubblico, visitare la Sala del Lariosauro.

Sono numerosi gli esemplari rinvenuti soprattutto nell’area che riguarda il Nord Italia. La misura media di questi soggetti è stata calcolata tra una lunghezza di 60 cm e 1,25 metri. Questo dettaglio molto importante posiziona il Lariosaurus tra i più piccoli notosauri di cui si conosce l’esistenza preistorica. Il rettile era dotato di un collo piuttosto corto se messo a confronto con quello di altre tipologie di notosauri tra cui il Ceresiosaurus. Anche le zampe non erano molto lunghe ma piuttosto piccole e adeguate alla conformazione dell’animale.

Il Lariosaursu ha una caratteristica particolare per quanto riguarda le zampe anteriori, si tratta dell’omero che è arcuato e massiccio, mentre è stata rilevata un’ulna piatta e larga, inoltre c’è un ampio tra le ossa. Essendo un animale acquatico si suppone che anteriormente ci fossero delle pinne e quindi la struttura avrebbe un senso per la sua forma particolare. Gli arti posteriori invece erano piccole ma massicce zampe palmate, probabilmente, fra le 5 dita.

Fossile di Lariosauro lavizzarii

Il ritrovamento del Lariosaurus lavizzarii si presenta con un cranio piuttosto schiacciato tipico dei notosauri, anche se non in modo troppo accentuato come si vede nel Nothosaurus. I denti davanti, superiori e inferiori, presenti nella bocca si intrecciano tra di loro quando chiudono le fauci, mentre quelli dietro erano di dimensioni più ridotte e servivano per masticare. Tra le costole del dinosauro del Lario vi erano alcune parti più spesse e lo stesso succedeva con le vertebre e la clavicola. Le costole del ventre, chiamate gastralia, erano compresse tra di loro e creavano una vera e propria armatura che proteggeva il rettile dall’attacco dei nemici e dei predatori.

Tra i ritrovamenti di scheletri di Lariosauro, c’è quello di Perledo nel 1830, tratta di una cittadina sul Lago di Como. Ogni reperto rinvenuto in zona fu studiato attentamente da Giuseppe Balsamo Crivelli che pubblico la sua ricerca e descrizione sulla rivista Il Politecnico di Milano nell’anno 1839. Il nome però gli venne dato solo nel 1847 da Giulio Curioni che lo chiamo Lariosaurus Balsami in onore del suo scopritore. L’attesa di tale nomea fu dovuta al fatto che non c’era la certezza che si trattasse di una nuova specie così si attese l’esito di ulteriori ricerche.

Ci fu un altro importante ritrovamento di questa specie che, al momento, venne chiamato Macromirosaurus plinii. Si tratta di un esemplare di Lariosaurus tutt’ora esposto presso il Museo Botanico di Monaco di Baviera, mentre ulteriori ritrovamenti di fossili e resti sono conservati dal Servizio Geologico di Roma. Oltre a questi ce ne sono alcuni al Museo di Storia Naturale di Lecco e tra tutti gli scheletri e fossili scoperti, il può lungo ha una misura pari a 1,30 metri.

Qual’era l’alimentazione del Lariosauro?

Stiamo parlando di un predatore che viveva in acqua e si muoveva velocemente grazie alle forti pinne anteriori, le zampe palmate posteriori e la coda lunga e potente. La testa aveva una bocca con denti affilati e con quelli catturavano piccoli pesi e cefalopodi che potevano risultare scivolosi rischiando di perderli, ma i grandi denti aguzzi li bloccavano inesorabilmente.

Alcuni fossili di Lariosauro hanno permesso di capire di cosa si nutrivano in quanto erano ancora visibili i resti della cena e del pranzo, piccoli rettili placodonti appartenenti al genere Cyamodus e di pachipleurosauri. La scoperta di alcuni embrioni probabilmente di Lariosaurus, indicano che questa specie di rettili acquatici preistorici fossero ovovivipari e quindi vivessero quasi completamente in acqua.

Lariosauro tra miti e leggende: il mostro del Lario

È noto a tutti il mostro di Loch Ness avvistato in Scozia, ma non è certo da meno il leggendario mostro del Lario. I racconti che si tramandano di generazione in generazione dicono che sarebbe stato avvistato nel Lago di Como, conosciuto anche come Lario, un animale mai visto prima. Questo rettile acquatico è proprio il Lariosaurus, antico dinosauro acquatico estinto.

Predatore comparso sulla terra durante il Triassico medio, quindi all’incirca 250 milioni di anni fa, e localizzato per lo più nel Nord dell’Italia. È proprio lui il protagonista degli avvistamenti, l’animale descritto appariva con un lungo collo e una testa appiattita con un corpo di colore grigiastro. Le zampe anteriori sono state descritte proprio come pinne e aveva la capacità di galleggiare o nuotare velocemente sparendo in un attimo nelle profondità dello specchio lacustre.

Carlo Lucarelli ha riportato a galla i misteri legati al preistorico rettile lariano nel libro Strane Storie, in cui sono stati raccontati tutti gli avvistamenti del mostro del Lago di Como iniziati negli anni Quaranta fino ad arrivare ai giorni odierni. Lariosauro è stato quindi ribattezzato Larrie, come quello scozzese è stato soprannominato Nessie, nomignoli dati dalla comunità locale che si è affezionata all’animale che presumibilmente è sopravvissuto dalla preistoria e tutti sperano di vedere e immortalare.

Il primo avvistamento è stato effettuato da una coppia di Cacciatori di Como che erano appostati sulle rive del lago presso la Riserva Naturale Pian di Spagna. I due uomini raccontarono di aver visto con i loro stessi occhi un animale dall’apparente lunghezza di qualche metro completamente ricoperto da squame di colore rossastro e una grande bocca piena di denti aguzzi.

Passarono 8 anni da quel giorno prima che ad Argegno, nota località turistica del Lago di Como, un uomo con suo figlio affermasse di aver avvistato un animale di circa 90 cm che emergeva dall’acqua. I due dichiararono di aver notato bene le zampe palmate che descrissero paragonandole a quelle delle anatre. Successivamente vi furono altre apparizioni tra le località di Dongo e Musso durante il mese di agosto del 1957. Mentre l’avvistamento più recente fu quello del 2003 effettuato nel ramo di Lecco da alcuni pescatori che sostennero di aver visto un animale molto strano e lungo circa 10 metri che ricordava una enorme anguilla.

Se questi racconti sul mostro Larrie del Lago di Como sono reali oppure no, nessuno lo può sapere. Ma sta di fatto che i ritrovamenti dei rettili acquatici di piccola misura sono provati e visibili a tutti. Certo la leggenda che anima da secoli i racconti di chi vive nelle vicinanze del Lago di Como fa ormai parte della cultura popolare lariana. Per questo è stato dedicato a questo misterioso abitante delle acque lacustri un’intera sala presso il Museo di Storia Naturale che si trova a Lecco e a cui hanno accesso anche le persone comuni oltre agli studiosi e paleontologi. Un mistero che trova fondamento nella scienza per alcuni versi, mentre ancora si continuano le ricerche per ritrovare reperti di animali preistorici più grandi come quelli avvistati.